Sono tantissime le persone che, nel momento in cui iniziano un business che prevede il confezionamento di prodotti, si interrogano sulla scelta migliore per quanto riguarda i materiali. Sotto a questo cappello è possibile includere diverse attività, come per esempio la creazione e la commercializzazione di bomboniere. Da non dimenticare è anche tutto quello che ruota attorno al settore alimentare.
Cosa è bene sapere in merito alla juta? Nelle prossime righe di questo articolo, prendendo spunto da uno degli articoli presenti sul blog di Sacchettiditessuto.it, cerchiamo di rispondere assieme a questa domanda.
Juta, una fibra tessile dalla storia molto antica
Quando si chiama in causa la juta, si inquadra una fibra tessile dalla storia molto antica. Utilizzata da tempo immemore, è arrivata in Occidente attorno al XVIII secolo ed è stata interessata da un notevole aumento delle richieste nel momento in cui ha iniziato a diventare fondamentale l’esigenza di ricorrere a imballaggi biodegradabili. Tornando un attimo alla sua storia, è bene specificare che la juta fa parte della cultura materiale umana dai tempi dell’antico Egitto. La pianta da cui deriva, ossia il Corchorus olitorius, veniva infatti coltivata sulle rive del Nilo con scopi molto diversi da adesso, ossia prevalentemente alimentari.
Come già detto, il suo sbarco in Europa risale al XVIII secolo. In quel periodo, il suo utilizzo non si limitava all’ambito tessile. La juta, infatti, veniva impiegata anche nel settore della pesca e dell’edilizia.
La juta oggi, tra numeri in continua crescita e problemi da risolvere
La juta, oggi come oggi, è una delle fibre naturali più apprezzate, seconda per numeri solamente al cotone. Quando si guarda al suo successo, è doveroso soffermarsi sull’oggettiva centralità dell’approccio sostenibile in diversi ambiti, da quello alimentare fino agli accessori come i già citati sacchetti per le bomboniere. Come in molti casi, anche in questo non è tutto oro quello che luccica. Quando si parla della juta, infatti, è fondamentale citare alcuni problemi che devono ancora essere risolti.
Tra questi, rientra l’impiego di oli minerali. In particolare, l’attenzione mondiale è focalizzata su Mosh e Moah. Può sembrare strano sentir parlare del loro utilizzo associato alla juta, una fibra che, come già detto, è di derivazione naturale. Il loro impiego può rivelarsi utile in diversi casi, come per esempio le situazioni in cui sussiste la necessità di ammorbidire le fibre tessili con lo scopo di ottimizzare la loro lavorabilità.
Il quadro appena descritto richiede particolare attenzione in quanto, oggi come oggi, non esiste ancora un’armonizzazione della normativa a livello europeo. Quello che si sta cercando di fare è di orientarsi verso un approccio produttivo incentrato sull’utilizzo di oli vegetali come quelli a base di crusca di riso, soluzioni prive di pericoli per la salute umana in quanto non derivanti da idrocarburi semivolatili.
Conclusioni
Il mondo della juta è davvero affascinante ed è una testimonianza plastica di come la filiera dei tessuti sappia valorizzare al massimo quello che la natura ci dà. Come accennato in precedenza, un oggettivo vantaggio di questa fibra riguarda la sua versatilità.
Nel momento in cui la si chiama in causa si inquadra infatti una soluzione che si apre a diverse possibilità di utilizzo. L’utente finale, per esempio, può riciclare il sacchettino in juta di una bomboniera e utilizzarlo per il riso artigianale. Un sacchetto di dimensioni più grandi, invece, può essere impiegato tranquillamente per il giardinaggio. Gli scampoli, se cuciti tra loro, sono il punto di partenza per delle creazioni speciali (p.e. cuscinetti decorativi). Non c’è storia: nel momento in cui la juta si può riutilizzare perché in buono stato, bisogna stare certi che l’utente attento all’impatto ambientale delle sue azioni quotidiane troverà il modo di regalarle una nuova vita, con ovvie ripercussioni positive sulla sostenibilità e sull’immagine del brand che ha scelto tale fibra tessile per i suoi packaging.